via dell argento

Pubblicato il 25 Mar 2007


via dell\'Argento

Le vie dell'argento del Sarrabus Gerrei( Ollastu e Brabaisu )


Siamo da poco usciti dal paese. Le ultime case lasciano presto spazio a un panorama di monti e vallate che si perdono all’infinito.
Con Samuele Pisu siamo partiti di buon mattino dalla mia" tana " di Solanas.
Abbiamo fatto di buon passo l'asfalto che ci porta all'orientale sarda. Di li alcuni chilometri di tornanti in salita fino al passo di S'arch'e Tidu e quindi ancora in salita fino a Burcei .
La meta odierna è ripercorrere le zone un tempo minerarie.
Occorre raggiungere la zona di Tuviois e poi inoltrarsi lungo la via dell’argento, ovvero ripercorrere ciò che resta del faticoso itinerario usato dai minatori per trasportare il materiale estratto dalla zona denominata Sa Serra De S’Ilixi verso valle.
Nel periodo più redditizio le vene d' argento erano praticamente a cielo aperto, e poi c'era galena, fluorite e piombo.
iniziamo a scendere su un incero asfalto che termina dopo due chilometri.
Inizia la carrareccia che porta verso la foresta di Tuviois. Non è cambiata di nulla negli ultimi cento anni.
Percorrerla dà come la sensazione di un tuffo nel passato., Stretta giusto per un giuogo di buoi e appesa a mezza costa, seguendo le curve di livello senza mai impegnarsi in uno strappo a forte pendenza. Allora non potevano certo contare sul mezzo a motore. Fare strade con dislivelli insuperabili dai carri trainati non aveva senso. Per noi che andiamo in bici è uno spasso . Senza performance da patiti del cross country riusciamo a procedere comunque con un ottima media.
Il terreno è invitante, nonostante lo zainetto si va agili e spediti.
Lo spigolo tagliente di un sasso traditore però mi dà un dispiacere. Risultato : un quarto d’ora fermi mentre si ripara il pneumatico squarciato.La tecnica è ormai collaudata : Ritagliato con il Victorinox una pezza di camera d’aria, la stessa viene incollata all’interno della gomma con il cianocrilato ( attak ) che viene disposto anche lungo il bordo del taglio in modo che nella sigillatura si abbia l’effetto ricomporre il battistrada. Da ricordareinoltre che le ruote non hanno camera d’aria, essendo preferito l’uso del liquido sigillante antiforatura, abbinato a normali gomme non tubeless.
Siamo a un bivio , a sinistra si entra presto in una vallata che conduce alla foresta di Tuviois, famosa per i sui alberi millenari. Tiriamo però dritti. Poche curve e poi la strada comincia a salire di pendenza, in modo impegnativo, per la prima volta oggi. Qualche allungo apparentemente senza impegno, poi nei tornanti in salita che portano verso la piana de Su gattu Aresti ( gatto selvatico )scoppia la bagarre.Ancora più che freschi e tonici avendo fatto per ilo momento non più di sessanta chilometri io e Samu cominciamo a tirare col tacito proposito di tirare l'uno il collo all'altro . Il risultato è quanto mai incerto : si stà sul filo del rasoio, il risultato è che finalmente il cuore batte fisso a oltre 180 colpi al minuto...
Mentre la strada scorre verso il monte Genis si possono osservare alcuni ovili di pastori di Burcei e qualche capo di bestiame allo stato brado. Nessun incontro con macchine e simili, che oltrettutto avrebbero il loro gran bel da fare ad arrivare per queste strade. Questo è il regno del silenzio e della solitudine. Ed infatti qui è uno dei rari luoghi ove vive e nidifica l’aquila reale. Non saremo cosi fortunati da osservarla oggi, ma incontrarla e un fatto abbastanza comune. Finalmente la carrareccia comincia ad andare in discesa e con ripide tornate ci ritroviamo presso dei caseggiati dei tempi delle miniere. C’è un ponte e un torrente che scorre vigoroso : è il rio Ollastu. Siamo a Sa Serra De S’Ilixi e qui comincia la via dell’argento.
Certi paesaggi hanno la forza di andare oltre le tue aspettative. La carrareccia che si inerpica nella gola del rio Ollastu, che scorre impetuoso fra salti di roccia e laghetti dalle mille forme è uno di questi.
Per vedere la volta del cielo devi guardare bene in alto, tanto è incassato fra le pareti di roccie friabili questo torrente. La strada è stata costruita in alto sui margini ed appare spesso come pericolosamente appesa da sapienti massicciate di pietre che paiono dover franare da un momento all’altro. Ma intanto stan li da più di cento anni. La pendenza è quasi assente, perchè i materiali venivano trasportati su rotaia con piccoli vagoni spinti a mano o con animali.In bici si passa bene anche se occorre stare molto attenti. Teoricamente si potrebbe stare sempre il sella ma farlo, specie in certi passaggi stretti con salti di roccia di parecchi metri è definibile quanto meno malsano. Se cadi giù o ti fai male neanche un elicottero della protezione civile riesce a calarsi da queste parti. Ammesso che si riesca a chiamare qualcuno. Qui la tecnologia serve a poco e non c’è telefonino che prenda. Quindi da queste parti, godersi lo spettacolo della natura selvaggia O.K., ma attenti alla salute. Il ritmo è comunque abbastanza veloce. Ogni tanto si porta la bici in spalla per superare zone franate o troppo impervie ma il sentiero è comunque ben praticabile e presenta di volta in volta nuove sorprese.
Ora una cascatella che fa da cornice, ora un vecchio rottame di chissà quale macchinario minerario, ora si apre la bocca di una galleria il cui fondo si perde nel buio. Ecco che compare una scritta di vernice appena leggibile sul muro in pietra di un rudere : D.D.T. 16-5 -1951 , il piano di bonifica antimalarico è arrivato anche qui, mezzo secolo fa.
I 12 km della via dell’argento finiscono infine nei pressi della miniera di fluorite abbandonata in località Tacconis, qui la carrareccia diventa una sterrata più delineata che guadagna correndo sempre verso sud, in direzione monte Acuto. A parte un micidiale strappo in salita di circa un Km. la strada diventa poi una bella carrareccia quasi tutta con dei tornanti in discesa belli da farsi con la bici sempre veloce. Attraversiamo guadando bici in spalla alcune volte il rio Ollastu, questo scorre sempre imperterrito anche nei periodi estivi, cosa veramente stupefacente dalle nostre parti.
Alcuni km. e si prende un bivio che tira verso destra, invitando in una lunga salita che promette poco di buono, ma poi la pendenza calerà. Sarà.. il fatto è che te la vedi tutta di fronte, la salita, lunga come la fame che comincia a farsi sentire. Con Samuele concordiamo di concederci una pausa per mangiar qualcosa e riposarci almeno un quarto d'ora. Ci appresteremo quindi a risalire il Brabaisu . La tipologia del percorso ancora da fare, circa sette km. è simile a quella del rio Ollastu. E cioè un vecchio sentiero su massicciate tirate su ai tempi delle miniere e diversi guadi da dover affrontare. Il sentiero che percorre appeso ad un fianco della vallata del rio Brabaisu propone degli scenari naturalistici unici. Qui è il trionfo dei colori forti delle rocce granitiche e della macchia mediterranea con in più il passaggio delle acque del rio che si fa strada saltando di roccia in roccia e formando un interminabile sequenza di cascatelle e laghetti, uno più bello dell’altro. Nonostante tutto però, questi sono i luoghi più sconosciuti e meno fotografati della zona. Infatti ci si arriva sempre dopo lunghi itinerari, al finir del giorno o al calar del sole, rendendo impossibile fare fotografie. Si ricordano anche dei raid di cicloturisti non particolarmente lesti , traditi dal sopraggiungere delle tenebre a metà strada e costretti a passare all’addiaccio il resto della notte, dopo aver girovagato invano al buio alla ricerca della giusta strada.
Noi usciamo verso le tre del pomeriggio dal sentiero. Però non abbiamo alcun problema e anzi affrontiamo i quindici chilometri di sterrata che risale verso il paese di Burcei a passo di cross country.
All’arrivo a Burcei, il ciclocomputer segna 52 km. Ovviamente non sono calcolati quelli fatti per arrivare da Solanas.
Riscendiamo quindi picchiando ferso Sinnai prendendo prima per Monte Serpeddi e poi scendendo per i tornanti di garappiu e Corr'e Cerbu. Un saluto arrivati in paese a Sinnai e Samu torna quindi a casa sua a Cagliari.
Alla prossima...