monte arbu in mountain bike

Pubblicato il 17 Nov 2008


Itinerari monte Arbu

Il toponimo monte Arbu è molto comune in Sardegna. In questo caso ci riferiamo alla zona che, riddossata al massiccio dei sette Fratelli, guarda verso il mare in direzione di Villasimius- Solanas, (provincia di Cagliari) .Monte Arbu è il punto più alto di un vasto territorio di montagna che comprende fra l’altro la piana di monte Pauli,ricca di vegetazione e popolata da colonie di cervi che vivono quasi in simbiosi con il bestiame, capre soprattutto, tenute alla stato semibrado. Non mancano i cinghiali,che anzi sono numerosissimi per la gioia dei numerosi bracconieri che di fatto monopolizzano questo vasto territorio. A parte le giornate di caccia, per il resto non passa anima viva ( solo gli “addetti ai lavori “di cui prima). Questo anche perché le strade per arrivare sono alquanto mal messe per chi vuole salire in montagna in auto, e cioè per la stragrande maggioranza del popolo. Quando si vede qualcuno da queste parti è perchè devono prendere legna, oppure funghi, oppure ed allora si organizzano i camion per caricarsi rocce con forme particolari destinate ad abbellire i giardini di ricchi villeggianti sulla costa. La zona è inoltre ricchissima di misconosciuti siti archeologici, quindi ci si può imbattere anche in improbabili Indiana Jones casarecci. Insomma questo territorio pullula di predoni, e bisogna tenerne conto.
Monte Arbu fino agli inizi del secolo scorso, ( inizio 900 ) accentrava una grossa attività di montagna,. Era l’epoca dei tagli massicci delle foreste sarde, ad opera dei carbonari provenienti in gran parte dal continente, soprattutto dalla Toscana. Punto di confluenza del carbone , dove attraccavano le navi per lo stoccaggio erano Villasimius che infatti si chiama in Sardo : Crabonaxia, ( Carboniera) e anche Solanas in quel punto della sua spiaggia che si indica ancora come : su portu, il porto appunto. Dalle zone dei tagli e dove veniva prodotto il carbone,( Monte Arbu, Buddui, Sa Corti ,etc … )si diramavano quindi diverse carrareccie, che seguendo i crinali delle montagne, dai circa 1000 metri dei Sette Fratelli (massiccio montano più importante ) portavano a valle, verso il mare.
Queste vecchie strade sono per lo più ormai in disuso, mezzo inghiottite dalla vegetazione che in questo ultimo secolo è ricresciuta, però alcune storiche mulattiere sono se non segnate, almeno però percorribili a piedi o con una buona mountain bike. A patto di sapere dove si stà andando. Infatti la zona è molto impervia e non sono molti i riferimenti su cui contare.
La vegetazione , anche grazie a un clima che almeno nel periodo invernale ,tende a essere fresco, presenta tutte le specie dell’ isola. Le piante di Ilixi ( leccio ), moddizzi ( lentischio ), murdegu ( cisto ) , ollioni ( corbezzolo ), lau ( alloro ) zinnibiri ( ginepro )e numerosissime altre essenze crescono in simbiosi dipingendo i caratteristici colori della macchia mediterranea.
Punto di partenza e arrivo di questo itinerario è la mia tana del biker che stà a Solanas, 10 km da Villasimius. Con la sua vallata è lo sbocco naturale verso il mare dei Sette Fratelli, con la bici quindi ne percorreremo a ritroso le strade.
Dopo abbondante colazione si inizia a pedalare lungo la vallata di “S. Barbara”. Un lungo rettilineo in asfalto tanto per scaldarsi . Dopo 7 km. in località “Su Reu”inizierà una larga sterrata in salita. Quattro km e si raggiunge “ Gutturu Frascu “,un bivio di strade di montagna. Andando dritti per la strada principale si va in discesa verso le vecchie carceri di Castiadas, prendendo a destra (la strada è chiusa da una sbarra della forestale) si salirà sul monte Minni Minni appartenente a Villasimius.
Noi invece prenderemo a sinistra, verso monte Pauli. La strada sale a tornanti e via via si incattivisce sia per la pendenza sia per lo stato del fondo decisamente molto rovinato. Questa è una zona dove piove poco e quando succede la pioggia trasforma le sterrate (create a colpi di ruspa senza badare tanto alle pendenze,) in torrenti d’ acqua che tutto spazza e spacca. La salita dura circa 4 km . I meno allenati la faranno con il rampichino, ma chi ha il “ motore a punto” questi tornanti se li potrà scalare con il rapportone sempre innestato. Si raggiunge quindi S’Arch’e sa Teula ( arco della tegola ), porta d’ingresso dell’altopiano di Monte Pauli, nel punto più alto del quale, al centro troneggia Il nuraghe di monte Arbu che ci appresteremo a raggiungere.
Monte Pauli è sempre stata una zona che per la sua ricchezza di selvaggina ha attirato i cacciatori. Decentrata dalla sua pista principale, troviamo : sa domu de is cassadoris, ( la casa dei cacciatori ), rifugio in pietra eretto agli inizi del 900 quando per fare la posta ai cinghiali non arrivavano come ora su comodi fuoristrada con la moquette interna e l’aria condizionata. Lasciate parcheggiate in colonna a poche centinaia di metri dalle poste, trovi i proprietari abbigliati e armati che sembrano Tupamaros. I cacciatori di 100 anni fa erano usi partire almeno dal giorno prima per poter raggiungere con il cavallo la zona di caccia. Vivande, cartucce e i cani da accudire richiedevano una preparazione che ai nostri eroi moderni è completamente sconosciuta. Se si obbligasse di raggiungere le zone di caccia a piedi, o comunque non in macchina, l’esercizio venatorio si estinguerebbe per mancanza di adepti.
Continuando lungo la pista che attraversa l’altopiano raggiungiamo la “dispensa Sanguinetti “, una costruzione tinteggiata di bianco che si trova lungo la via. Come per la dispensa vecchia, che si trova però 5 km. più a valle, in località Sa Corti,queste dispense, ora ovviamente in abbandono, sono la testimonianza delle antiche attività della zona .
Duecento metri prima di raggiungere la dispensa Sanguinetti troviamo una stradina che tira a destra in salita.
Tre km. abbastanza impegnativi per via del fondo sconnesso e per la pendenza che in alcune rampe è notevole, ed eccoci arrivati in cima a monte Arbu, sul cui rocciaio è da sempre sentinella l’omonimo nuraghe.
Questa è una zona molto affascinante con innumerevoli pareti granitiche le cui forme celano tantissimi anfratti e siti che invogliano l’esplorazione. Abitata già nel paleolitico, la zona ha dato rifugio piu o meno occasionale nel secolo scorso a bande di grassatori che imperversavano a spese di viaggiatori , commercianti e imprenditori che all’epoca erano numerosi da queste parti. Non dobbiamo dimenticarci infatti che l’odierna strada litoranea da Cagliari a Villasimius che tutti conosciamo è stata costruita dai prigionieri austriaci catturati durante la prima guerra mondiale ( 15-18 ). Prima le uniche vie di comunicazione oltre che quelle del mare in barca, erano queste strade di montagna, l’ideale per tendere imboscate e rapine. Qui si viveva pericolosamente.
Diversi anni fa un conoscente del mio paese mi raccontò di una storia confidatagli dal padre, all’epoca ormai vecchio e invalido. Questi negli anni trenta era andato con un suo amico a cercare fra queste montagne un rifugio segreto, covo di una banda di briganti il cui unico superstite di uno scontro con i militari era finito in galera a vita. Qui era avvenuta la confidenza fra i rei. Il superstite ormai invecchiatosi in carcere diede anche dei riferimenti particolareggiati per trovare l’entrata della grotta che iniziava con un cunicolo che poi si apriva in una vera e propria camera dove, continuava il racconto, oltre a materiali di sussistenza e parecchie armi, era custodito, indiviso bottino, parecchia oreficeria , denari e altre cose preziose, frutto di bardane e grassazioni.
Particolare curioso raccontato: il bottino era sistemato avvolto in dei paramenti sacri Trafugati chissa dove. I due compari trovarono i riferimenti ma non riuscirono a localizzare l’entrata. Il luogo, riferiva il padre, era molto impervio e avvolto da una vegetazione difficilmente penetrabile.
Passarono gli anni, uno dei due morì in guerra. L’altro per problemi di salute sempre più seri si trovò di fatto impossibilitato a intraprendere nuove ricerche. A metà degli anni settanta ci ritroviamo quindi con suo figlio che possiede “la mappa “ e il sottoscritto , conoscitore della zona, entrambi ventenni pieni di entusiasmo e di buona volontà . Era maggio e arrivati nel punto di ricerca facemmo un campo rimanendoci alcuni giorni. Collimammo le punte delle rocce descritteci ma anche cosi risultava un area abbastanza vasta su cui cercare. E non vi dico le difficoltà. In cento metri quadri potevano benissimo coesistere anche due possibili anfratti. Trovammo diversi cunicoli e grotte semi nascoste e chissa quant’altre ci sfuggirono. Dopo alcuni giorni di infruttuose ricerche, mezzo scorticati dai rovi e affamati, desistemmo. Passò del tempo e non ci pensammo più.
Mi rimase il dubbio che potesse trattarsi di una storia fantasiosa. Comunque un giorno, discorrendo con una persona profonda conoscitrice di archivi e fatti storici locali, chiesi se risultava essere accaduto, in un periodo a cavallo del secolo passato, un o scontro a fuoco fra banditi e carabinieri nella località in questione. Questi prese il suo tempo per documentarsi e: sorpresa di fatti del genere ne accaddero diversi ma uno in particolare rispondeva ai requisiti descritti nel racconto : sparatoria con morti ammazzati meno uno finito in galera. Mi bastava .
Tornai per conto mio a fare delle ricerche con più metodo e calma, conscio che in quasi cento anni molte cose potevano essere cambiate. Soprattutto la macchia mediterranea è incredibile nel celare l’entrata di un pertugio magari mezzo franato e praticamente obliterato. Per farla breve concluderò che non ho trovato la grotta della banda in questione, o almeno quella descritta con dentro “su Scosciosciu “ (il tesoro ). Fra le diverse scovate una comunque è senz’altro servita come rifugium peccatori in quell’epoca. Almeno osservando cose e oggetti lasciati di cui non importa parlarne.
Ma tornando al nostro giro in mountain bike, eravamo rimasti al raggiungimento del nuraghe di monte Arbu. Stupenda costruzione di possenti macigni che hanno resistito a svariati millenni e anche ma solo in parte all’azione predatoria dei nuovi lanzi locali i quali non sono riusciti a farne completo scempio perchè impossibilitati a salire su questo rocciaio con la ruspa, loro cavallo di battaglia preferito. Ma anche con piccone e vanghe di danni ne hanno comunque fatto. Da questa roccaforte nuragica si può spaziare a 360 gradi su di un panorama mozzafiato. A nord la catena montuosa dei Sette Fratelli, quindi le vallate che scendono verso il mare in direzione Geremeas- Solanas. Quindi il monte Minni.Minni di Villasimius e ancora il mare su cui si affaccia Castiadas e costa Rey ( costa dei rei , la zona infatti era una sorta di Guiyana italiana ) .
Ripreso fiato ed effettuato il meritato riposo si può quindi continuare lungo la carrareccia, ora in discesa che porta verso s’Arch’e Buddui. Che però non raggiungeremo. Non ci infiltreremo infatti dentro il ginepraio su cui il sentiero è delineato a malapena dai selvatici ( e dai bracconieri che li cacciano ). Prenderemo in un bivio verso destra. Il punto è facilmente riconoscibile perché di fronte si para una monumentale roccia: la Sfinge. Pare un gatto accovacciato al sole, che guarda verso il mare di Castiadas. Un gatto di granito lungo 50 metri.
La strada è all’inizio piana, poi và in discesa per innestarsi alla pista già percorsa di monte Pauli. Continueremo a destra verso la dispensa Sanguinetti. Superata quest’ultima continueremo nella piacevole strada sempre in falsopiano. Dopo due km. si comincerà la discesa verso la vallata di Geremeas. La strada è in forte pendenza, è molto rovinata con sassi sparsi grossi come noci di cocco, profonde spaccature traditrici e cespugli che testimoniano la volontà della flora a riprenderne possesso. La picchiata verso Geremeas dura circa mezzora però consiglio vivamente di procedere con cautela specie se siete soli. In questa strada non passa nessuno per settimane per cui una brutta caduta potrebbe trasformarvi in cibo per corvi. ( crobus ).
Finalmente la piana e l’uscita sulla provinciale per Villasimius, all’altezza di Geremeas. Per tornare a Solanas restano solo 7 km. di asfalto. Ci sono da affrontare le quattro sorelle, ovvero 4 strappi in salita della lunghezza ognuna di alcune centinaia di metri. Poca roba quindi. Al capolinea , toltovi il casco, niente di meglio che andare in spiaggia, infilarsi in acqua e corroborarsi con una sana nuotata








SCHEDA TECNICA

Lunghezza percorso : km. 44
Tempo percorrenza : quattro ore
Periodo consigliato : tutto l’anno
Altimetria complessiva :1200 metri


PICCOLO GLOSSARIO UTILE

Albero matta
Cisto murdegu
Lentischio modditzi
Leccio ilixi
Ginepro zinnibiri
Alloro lau
Corbezzolo ollioni
Capra craba
Pecora brebei
Cinghiale sirboni
Cervo cerbu
Volpe mergiani
Asino burricu
Cavallo cuaddu
Domestico maseru
Selvatico aresti
Sentiero mori
Strada ia


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