Pubblicato il 11 Apr 2006
Eccomi a raccontare di un evento che è stato per certi versi fra i più difficili tra quelli che mi è capitato di affrontare nelle mie gare di mountain bike.
Questa gara non avrei dovuto disputarla, o comunque la voglia di farlo era davvero poca. Non che io fossi indietro con la mia preparazione atletica, anzi... la Trans Alp, che per me sarebbe dovuto essere l'appuntamento principale della stagione, da disputare in coppia con Michele Degasperi, e che era finita in modo rocambolesco con un volo nell'ultima discesa che aveva avuto per conseguenza il cannotto della forcella della mia bici rotto ed il mio casco personale spaccato di netto in due pezzi completamente simmetrici, era passata da poco.
Al ritorno a casa, però, alcune spettacolari giornate di maestrale mi portavano a dedicarmi al windsurf nelle acque antistanti le spiaggie di Solanas e Geremeas, permettendomi di recuperare forma e morale.
Eugen e Bettina, (in arte Bike & More) mi avevano detto che, volendo, avrei potuto disputare questa gara di Graz valida per il titolo europeo master nella distanza maraton (84 km. ), ed io avevo già fatto i biglietti per l'aereo, anche se con queste giornate di vento forte, passate a planare e saltare le onde chi ne aveva più voglia di prendere la bici ?
All'ultimo minuto decido di andare e, pur senza tanta convinzione, impacchetto la bici smontandola e distribuendone i pezzi in due colli differenti e salgo sull'aereo per Verona dove vengo accolto da Eugen e Bettina che mi aspettano per continuare in macchina verso Graz.
All'arrivo il caldo afoso è scomparso e densi nuvoloni si rincorrono lasciando foschi presagi. Il giorno dopo, vigilia della gara comincia a diluviare: non smetterà più e passerò la notte con il rumore della pioggia battente che riempie l'animo di angoscia, dato che ogni volta che ho disputato una gara in mezzo all'acqua, me ne sono accadute di tutti i colori e sempre in chiave negativa comprendendo pessimi risultati ed anche qualche ritiro.
All'ora di partenza, avvenuta con estrema precisione alle ore 10, siamo già tutti belli e bagnati fino all'osso da un'acqua che viene giù con un'intensità sorprendente.
La prima salita, lunga alcuni km è in asfalto e con pendenza del 30 per cento: questo per me è un bene, perché riesco ad uscire dal gruppo ed a rimanere nel gruppetto dei primi che ansimano e scalpitano nonostante la pioggia battente. Per fortuna la temperatura non cala troppo e si riesce a guidare senza correre rischi eccessivi anche nei tratti in discesa, per cui anche se ogni tanto devo fare attenzione a schivare ora una radice ora un concorrente che cade giù scivolando di traverso nel sentiero, nel complesso però mi ritrovo a gestire agevolmente questi momenti iniziali della gara e la consapevolezza di essere davanti a tutti quelli della mia categoria mi rende risoluto ed attento.
Certo che piove! La mia paura che i freni possano divenire insufficienti svanisce quando realizzo che la pioggia è talmente intensa che il temuto impasto con il fango difficilmente si formerà ed i pattini in gomma speciale per l'umido che ho montato per la Trans Alp dovrebbero reggere queste ore di tormento, anche perché l'utilizzo degli stessi è comunque scarso, dato che scendo sempre a rotta di collo e che tutte le discese, ripide o meno, si stanno trasformando in torrenti in piena, per cui non c'è che stare al centro della massa d'acqua e farsi trasportare giù per il pendio, anche se io penso però che con una canoa si scenderebbe decisamente meglio...
Ciò che meraviglia (e che fa piacere!) è constatare che, nonostante questa situazione limite, l'organizzazione tiene il campo con teutonica diligenza: i punti di rifornimento sono ben forniti ed è possibile avere una borraccia con gli integratori, gli zuccheri ed i carboidrati senza fermarsi, all'incirca ogni 20 km, e che bivi e punti rischiosi sono tutti ottimamente segnati.
Per fortuna quindi non si corre il rischio di rimanere senza benzina... Se non mangi nulla e bevi poco, quando sei allenato almeno due ore a tutta velocità riesci comunque a farle, ma dopo la terza ora, se non ti sei ben reidratato e nutrito a dovere, non c'è preparazione che tenga: lentamente si comincia a sentire la fatica e pian piano ci si va spegnendosi in un mare di fatica.
Ho capito intorno al sessantesimo km che, probabilmente, non avrei avuto problemi di sorta, perché continuavo a sentirmi benissimo ed a tirare, anche se gli imprevisti, terrore di tutti i partecipanti ed in modo particolare di quelli che vanno bene, sono sempre in agguato... Ciò che si teme di più è un'improvvisa foratura, fatto abbastanza consueto in situazioni estreme, così come la rottura della catena, vera iattura se sei impantanato in un terreno pesante, un'improvvisa scivolata o, peggio ancora, una caduta, evento in cui si può rompere di tutto, ossa comprese.
A me invece in un lungo tratto in discesa ha cominciato ad assalirmi un atroce sospetto: il piede sinistro ha cominciato a "navigare" dentro la scarpa, tanto da farmi pensare che, a causa della tantissima acqua e dello stress, si stesse per aprire qualche cucitura, o stesse per saltar via la suola dalla tomaia, evento tutt'altro che remoto e già capitato in passato.
Questa eventualità avrebbe portato al ritiro senza alternative, per cui come posso mi fermo e controllo: no, non si e rotto nulla, però le scarpe, rese fradicie dalla tantissima acqua, si sono come allargate di un paio di numeri: poco male, dò un ulteriore tirata alle cinghie e via, riparto felice per lo scampato pericolo.
Ormai le posizioni in gara si sono stabilizzate e da più di un'ora si viaggia con la stessa compagnia, alcuni master 1 che tirano dandosi il cambio nei tratti un pò scorrevoli e cui resto accodato evitando di portarmi in cima al gruppo a tagliare l'acqua; visto che il loro ritmo mi va benissimo proseguo su e giù per queste valli da girone dantesco preoccupandomi di non perderli di vista, dato che a tratti ci si ritrova avvolti dalla nebbia al punto di dover essere prudenti anche in salita.
La pioggia intanto non da tregua anzi pare che via via aumenti di intensità. La sento picchiare sulla mia schiena tanto che sembra ti stiano prendendo a sassate. All'arrivo, levatami la maglia, constaterò che il numero di pettorale è stato letteralmente abraso dall'intensità della pioggia, manco fossi stato per ore sotto il getto di una idropulitrice a vapore... Il profilo altimetrico della gara l'ho ritagliato e fissato davanti sul manubrio e, nonostante sia protetto da un doppio cellophane, è ormai è tutto intriso d'acqua e scolorito ma risulta però essere ancora in parte leggibile e mi dice che questo che stò affrontando è l'ultimo strappo in salita: ancora poche centinaia di metri e poi giù per gli ultimi 5 km in discesa! Le forze, dopo quasi 5 ore in mezzo a questo tormento di pioggia e di freddo, cominciano a non essere più le stesse. Ormai mi conosco e sento che, da li a poco, entrerò in crisi, per cui stringo i denti e cerco di arrivare prima possibile a questo ultimo scollinamento che sembra essere sempre lontanissimo.
Invece la strada prima comincia a essere più leggera sotto le ruote e poi entro con decisione dentro un sentiero dove vengo trasportato dalla forza delle acque che vi si incalano di prepotenza e che mi trascinano verso valle per un ultima volta.
Intravedo fra i rami degli alberi l'arco rosso di arrivo e in un attimo percorro gli ultimi cento metri lo oltrepasso: ho concluso la gara più difficile che abbia mai affrontato, e che mi ha regalerà il titolo di Campione Europeo Maraton master 4.