Pubblicato il 01 Gen 1970
epopea del carbonio. Era una sera di ottobre del 96 quando conobbi l'imprenditore lombardo Luigino Fiocco. l'incontro non fu del tutto casuale. Un mio conoscente affermava con forza di conoscere un industriale che, in Sardegna, a Villacidro per l'esattezza doveva impiantare una nuova fabbrica , che fra le altre cose avrebbe prodotto biciclette da gara, in carbonio addirittura : aveva visto i prototipi con i suoi occhi. A me il nome Fiocco non diceva nulla e tutta la roba sembrava essere una gran balla. Se esistesse veramente una bici in carbonio con quel nome, da competizione l'avrei vista da qualche parte, o comunque ne avrei sentito parlare. Accreditato dal fatto che ero campione regionale di mountain bike venni in breve presentato a Fiocco . Lo conobbi che era super impegnato in estenuanti telefonate che parevano arrivare datutte le parti del mondo. Ci mancava solo che lo chiamasse il Papa... Eravamo negli stabilimenti presi in affitto a Villacidro: due enormi capannoni da 5.000 metri strapieni di macchinari di ogni sorta, alcuni in fase di montaggio, altri ancora imballati. Di lato vi erano alcuni aereoplani. Canoe e pezzi d'auto da corse, carenature di Ferrari e materiali i più eterogenei erano sparpagliati ovunque. Cio che mi colpì più di tutto era però un enorme quantitativo di telai da bici in fibra di carbonio stoccati in un area un pò più definita. Alcuni erano rifiniti e apparentemente pronti al montaggio. La gran parte erano dei semilavorati. Quando finalmente Luigino Fiocco sembrava essersi liberato dal pedante telefonino iniziavano le presentazioni che però erano lasciate sempre a metà dall'immancabile telefonata che inchiodava di nuovo il nostro uomo in interminabili sperequazioni. Alla fine riuscimmo a comunicare. Per farlo Fiocco spense il telefono e fu così che ci conoscemmo. Fu molto sbrigativo e così su due piedi mi diede due bici in carbonio di cui una montata con componenti di altissima gamma, per cui vi faccio immaginare lo stato d'animo quando me ne tornai con tutta questa grazia di Dio a casa. L'accordo era di fare una valutazione del telaio, da provare con cautela, visto che ancora di fatto Fiocco non aveva fatto alcun test. Io in pochi giorni feci molto di più. Smontato il tutto riassemblai una bici dandole una configurazione decisamente" racing "e mi presentai alla partenza di una gara regionale la domenica stessa. Lo stupore era generale : nessuno aveva mai visto una roba simile, una bici in monoscocca con carbonio a vista e carro posteriore alto sembrava come piovuta da Marte. In breve vinsi la gara (eravamo a Olbia ). Quando per telefono chiamai Luigino Fiocco e gli dissi che contrariamente alle sue raccomandazioni ci avevo fatto una gara lo sentii trasalire : dimmi che si è rotta.... mi arrivò con un filo di voce. Non solo non si è rotta, risposi trionfante, la gara l'ho pure vinta !!!. Fu così che iniziarono le mie tribolazioni... In effetti l'aria che si respirava a Villacidro in quel periodo a cavallo fra il 96 e il 97 era elettrizzante. Arrivava gente da tutte le parti e i capannoni si popolavano di operai che venivano reclutati dalle industrie dismesse della zona. Alla fine ne vennero assunti con contratti vari una cinquantina, che fra l'altro era l'età media degli stessi. A me, che pure la cosa non è che interessasse più di tanto qualche dubbio sulla reale potenzialità della nascente azienda veniva... Luigino..... ,chiedevo a Fiocco, :come farai a produrre materiali e componenti in carbonio, soprattutto i preventivati 100 aerei ultraleggeri all'anno con questa gente qui ?., non vedi che non pensano altro che ad andarsene in pensione... E' la nostra forza lavoro Vittorio, se gli insegniamo come si deve vedrai che impareranno. Il suo ottimismo mi pareva stupefacente. Ad ogni modo, con Pietro Fiocco, fratello di Luigi trovammo il modo di mettere a punto i materiali relativi alla bici, grazie a un costante impegno di sperimentazione e prove sul campo. I test delle gare poi erano più che incoraggianti. Per tutto il 97 e 98 corsi un pò ovunque vincendo molte gare. Importantissima l'affermazione all'Italian Cup nell'estate del 97 . La mia Fiocco era vista come un U.F.O. : quando dicevi che era fatta in Sardegna sentivi tutto intorno sgomento e incredulità. Nonostante i miei sforzi la produzione e la commercializzazione erano sempre a un punto d'empasse. L'Aviotech, lo dice il nome stesso era una azienda nata e supportata per produrre nel settore aereonautico. La bici era solo una divagazione e un retaggio del passato industriale dei Fiocco. Questi avevano lavorato per conto dei maggiori costruttori italiani. L'avventura di Moser e dei suoi prototipi del record dell'ora, e tante altre cose ancora erano anche frutto della tecnica dei due lombardi. Che avevano sfruttato la loro esperienza maturata nella F.1 applicandola al ciclo. Si parla degli anni 80 e va da se che loro all'epoca erano gli unici in Italia a sapere qualcosa di fibre composite. Fosse per Luigino si sarebbe già buttato via tutto ma Pietro invece aveva la passionaccia per le bici. Egli stesso è un cicloamatore verace. Finita la giornata lavorativa Pietro inforcava quotidianamente la bici e andava su e giù per le strade di collina nei pressi di Villacidro. tornava solo a buio inoltrato. Una volta venne steso dalla portiera di un auto sbadatamente aperta da un automobilista distratto. Nei giorni che seguirono l'inevitabile convalescenza ,l'attività produttiva dell'intera Aviotech subì una diminuzione di oltre il novanta per cento. Certamente Pietro Fiocco lavorava sodo e io in lui avevo un tifoso e un complice sicuro. Snobbato dai neodirigenti locali avevo però con Pietro quindi un amico sicuro e non passava giorno che non ci sentissimo per migliorare questo o quello relativo alle bici. Io provavo sul campo i materiali e fatte le valutazioni, velocemente da gran tecnico che era Pietro Fiocco modificava, cambiava, faceva ex novo. Era capace di fare un prototipo di una parte di bici( con relativo modello e stampo) nell'arco di 48 ore. Fuori dell'orario di lavoro, che quello era dedicato alla formazione degli operai e all'impostazione del programma per la costruzione degli aerei ultraleggeri.( questi vi posso anticipare voleranno in maniera inversamente proporzionale ai successi sportivi da me ottenuti con le Fiocco ( 144 vittorie in totale ). Una delle prime cose che feci sulla bici fu di ridurre al massimo la lunghezza del perno del movimento centrale dei pedali. Per fare ciò rinunciai alla terza corona ( il rampichino ). Nel 1996 questa cosa qui sembrava essere un sacrilegio. in realtà adottando posteriormente un pacco pignoni xtr shimano da 12/32 e procurandomi presso la ditta francese Stronglite le corone anteriori da 30 e 40 denti avevo un ottimo range di utilizzo, senza stressare la trasmissione e rendendo di fatto molto più performante la bici.Il fattore Q era a livelli di una bici da strada. Per ovviare allo scollamento dei nottolini che tengono il portaborraccia ( cosa facile da verificarsi allora nelle competizioni) studiai questo componente facendo in modo che si comportasse in modo elastico sotto lo stress delle vibrazioni off-road. il portaborraccia che poi alla fine realizzammo pesava un inezia , solo 15 grammi e ci risolveva l'annoso problema del danneggiamento del telaio. Nei campi di gara sfottevo coloro che per togliere una cinquantina di grammi al peso della loro bici rischiavano la pelle sostituendo il cannotto della forcella con altri in materiali leggeri ma fragili :" amico se proprio vuoi calare il peso è meglio che lasci la forcella così com'è e ti monti il mio portaborraccia :oltre l'osso del collo ti risparmi anche una probabile crepa sul tuo costoso telaio." Va da se che non demmo mai alcun portaborraccia a nessuno . Il buon Pietro i pochi che faceva li centellinava con cura nell'ambito del nostro esclusivo reparto corse. Il mio portaborraccia rimase un desiderio inappagato per tanti e questo per molti anni... A parte altri particolari pure importanti , come parafango portanumero anteriore di mia invenzione , manubrio, attacco manubrio etc, il componente che esaltò al massimo le potenzialità del mezzo fu l'adozione della forcella in monoscocca. Questa la facemmo nel 1999 e portò alla piena potenzialità di tutta la bici. Nei due anni precedenti avevo corso con ogni tipo di forcella ammortizzata. montando, modificando e sperimentando le varie soluzioni che proponeva il mercato. Poi però cambiammo strada. Il telaio Fiocco a carro alto non era leggerissimo, era sul chilo e mezzo, però era molto generoso e nel fuoristrada digeriva agevolmente tutto cio che passava sotto le ruote.Questo grazie ad un riuscito modulo di elasticità insito nel suo progetto. Proposi quindi a Fiocco di fare una forcella si leggera ma contemponareamente elastica il tanto che bastava a renderla quindi adatta all'uso gravoso e critico del fuoristrada agonistico. Pietro non si perse d'animo. Lavorando sul modello che gli diedi in meno di un week.kend fece tutto. Stampo e prototipo. Come per tutte le novità eravamo veramente curiosi. Il responso dei test a cronometro fu inequivocabile : la bici Guadagnava in tutto, Stabilità, precisione e soprattutto teneva un fantastico abbrivio in salita. Scatto e velocità erano ugualmente migliorati. Era proprio ciò che ci voleva. Nel campionato italiano del 1999 che si svolse a Ragusa per poco non vinsi il titolo master : arrivai secondo per un inezia, però l'impressione rimase... La forcella pesava 400 grammi per cui la mia Fiocco complessivamente non arrivava a otto chili e mezzo. Non era più il caso di optare per altre soluzioni.Da quel telaio non potevamo chiedere di più. Certamente eravamo più che consapevoli che riprogettandolo saremmo andati subitro molto più in là. Ma Luigino era restio a questa soluzione. C'erano ormai costruiti diverse centinaia del telaio a carro alto per cui occorreva spingere e vendere questa produzione giacente, prima di lanciare un nuovo modello. E poi si stava delineando sempre più evidente la crisi dell'azienda... Il 1998 comunque non lasciava presagire tempi cupi. Anzi il buon Luigi Fiocco, galvanizzato dagli insperati successi sportivi da me avuti nel 1997 Pensò : se con Vittorio Serra praticamente a costo zero siamo riusciti a fare tanto, figuriamoci se investiamo seriamente puntando su grossi nomi... Venne allestita in Lombardia una squadra con una decina di corridori , alcuni erano atleti affermati, altri promettevano scintille. Tutti ovviamente avevano esigenze che Puntualmente Luigino era tenuto a sostenere. Si spese un mare di soldi in materiali e supporti logistici, però ( per farla breve ) alla fine l'unica Fiocco che salì su un podio nazionale ai campionati italiani alla fine fu la mia... arrivai terzo. Tutta la squadra lombarda fece cilecca. Moltissimi i ritirati. Le panne meccaniche e le rotture varie non si contavano. La realtà era che le Fiocco come bici erano ancora molto allo stato di prototipo, bisognava saperle montare a modo ed assemblare a dovere :...e di Doctor ce n'è uno solo!!! I sogni di gloria della Squadra allestita a suon di investimenti svanirono nell'arco di pochi mesi e in breve rimasi ancora l'unico a correre con questa bici. Il 1999 per l'Aviotech fu un anno da dimenticare . Ormai le cronache riguardante la crisi e il conflitto apertosi nell'azienda con gli operai occupavano sempre più le pagine dei giornali. Non tirava aria buona all'Aviotech. Lo stesso Pietro era come un naufrago in un isola deserta . I fine settimana raramente riusciva a tornare a casa in Piemonte per cui spesso lo invitavo a passare alcuni giorni a Solanas, nella tana, cosa che lui gradiva tantissimo. Che all'Aviotech non ci sarebbe stato futuro era ormai cosa certa. Tirava aria di sgombero e capii che di li a poco si sarebbe conclusa questa avventura con i materiali compositi. La cosa mi dispiaceva parecchio. Dopo averci pensato , considerando le difficoltà ma anche la notevole esperienza fatta sul campo, mi convinsi che forse non era tutto finito. Se Fiocco avesse collaborato... forse qualcosa si poteva ancora fare in futuro. dopo un giro in bici, con Pietro che mi seguiva ansimando per le montagne di Solanas , mentre pranzavamo la buttai via così senza convinzione : Pietro, e se facessimo un modello nuovo di telaio lavorando i fine settimana qui a Solanas, sarebbe poi fantascienza tirare fuori lo stampo e fare qualche prototipo per l'anno prossimo ? Ero sicuro che il buon Pietro la prendesse a mò di battuta. E invece ,(forse inebriato dall'ottimo cannonau con cui pasteggevamo affamati dalla lunga pedalata ) mi rispose: perchè no, oltrettutto ho così tanto tempo libero ormai...e poi intanarmi qui a Solanas mi piace !! Eravamo ormai a Novembre. I mesi che seguirono furono vissuti in modo intenso, si lavorò sodo ma alla fine, l'ultima settimana di gennaio del nuovo millennio la nuova creatura uscì dal suo stampo novello e io la pedalai giusto in tempo per vincere la prima gara della stagione : la via dei Giganti ad Arzachena !. Ma questa è storia della seconda parte, così come le vicissitudini che ci accompagnarono nella realizzazione di modello, stampo e prototipo . Chiudo questo capitolo con il ricordo dell'ultima gara che feci con la fidata Fiocco,, il 12 dicembre del 99. Era la prima edizione della Serpilonga, che vinsi con grande soddisfazione. Ancora non potevo immaginare l'epica avventura che avrei vissuto negli anni seguenti con le mie bici... Nella seconda parte fra breve online tutta l'avventura di chi è riuscito a farsi le bici da se ( non andando in Cina ....)