Pubblicato il 01 Mag 2006
SCOPERTA DELL ULTIMA ORA: IL SARDUS PATER ERA UN BIKER?
Se la notizia sarà confortata dalle prove che per altro appaiono inconfutabili, la storia del ciclismo verrà sconvolta dalle ultime notizie che arrivano dalla Sardegna. Un gruppo di bikers locali, impegnati nei quotidiani allenamenti in montagna hanno trovato reperti di inestinabile importanza storico archeologica risalenti dalle prime stime addirittura al mesolitico ( circa 4500 anni A.C. ). Il rinvenimento è stato fatto in una zona selvaggia e impervia, frequentata solo da cinghiali, cervi e qualche latitante.
Il ritrovato che è in via di catalogazione presso gli organismi competenti, mostra senza ombra di dubbio che si tratta di un telaio in “ granito-zinnibirato “, molto ben conservato.Ruote di ginepro con mozzi e corone in granito dentato, testimoniano l’enorme potenza delle gambe dei nostri antenati che muovevano una guarnitura spinta da pedali in granito rosa ( il migliore ) della lunghezza nell’esemplare ritrovato di ben 300 m.m. Sicura la diatriba che si instaurerà con i francesi i quali rivendicano ad opera di Pierre Micheau l’invenzione del pedale, avvenuta nella metà dell’ ottocento. A tale proposito si sono subito levate voci su degli scavi avvenuti nel marzo del 1851 ad opera di un nobile britannico, tale Lord Vernon il quale si dice abbia rinvenuto del materiale molto interessante, mai catalogato in seguito. Il nobil uomo, dopo aver intrattenuto delle trattative con il regio museo di Cagliari, non riusci ad accordarsi sulla somma e, dopo un altro inutile tentativo con un facoltoso collezionista fiorentino, trovò chi soddisfasse le sue richieste proprio a Parigi, dove era in transito per rientrare a Londra, e dove a malincuore avrebbe dovuto proporre i manufatti ritrovati in terra sarda al British Museum dove però sapeva benissimo avrebbero tirato tantissimo sul prezzo, essendo all’epoca molto in voga l’interesse per i ritrovamenti provenienti dall’antico Egitto. Si pensa quindi che Micheau abbia visto proprio un telaio di granito-zinnibirato, da allora gelosamente custodito in una anonima collezione privata. Ma torniamo al rinvenimento odierno. Molto interessante si è rivelata la decorazione del telaio, che è stata descritta a “ cardium”, un motivo molto in voga nel periodo prenuragico.Veniva usato in particolar modo per decorare il vasellame. La domanda è però questa: il vasellame decorato a cardium era relativamente semplice da creare in quanto gli artigiani dopo aver costruito un vaso e prima di cuocerlo, vi imprimevano al negativo la forma di una conchiglia chiamata appunto cardium,da qui il nome. Come facevano però a imprimere lo stesso motivo nel granito-zinnibirato? Doveva essere certamente un impresa ardua se non impossibile! Una teoria è stata avanzata dagli studiosi ai quali è stato affidato il prezioso materiale. Azzardata quanto mai ma è la sola della quale per il momento possiamo avvalerci. La teoria vuole che i protobikers, dopo aver individuato un grosso blocco di granito, aspettassero che lo stesso venisse colpito da un fulmine. Una volta che la saetta aveva scaldato la pietra, intervenivano gli artigiani del settore specifico, i quali con infinita pazienza plasmavano la roccia fino ad ottenerne ciò che si erano prefissati, e cioè un vero telaio, molto simile a quelli usati attualmente. Tutto veniva rivestito dal caldo ginepro( zinnibiri ) e decorato quando era ancora incandescente “a cardium”. Interessante il logo che rileva la dicitura Mhonolytes.Mozzi e guarnitura granitica erano, secondo i massimi esperti, opera degli scalpellini di CastelSardo, località del nord Sardegna, famosissimi all’epoca e ricercatissimi in tutta l’isola, specie per opere di precisione. Le ruote erano, stando ai resti in via di catalogazione, formate da un intreccio di rami di ginepro sapientemente intrecciati. Anche allora c’erano però problemi di foratura. Non si sa cosa forassero, perché del materiale di scorrimento nulla è rimasto ma, fra le altre cose sono stati trovati i resti di una zucca secca, tipica della zona. I vecchi del luogo la usano ancor oggi a mò di borraccia per trasportare vino e altri liquidi( ma non l’acqua, perché l’acqua fa male alla zucca.) In questo contenitore vi è inciso in perfetto prenuragico: gonfia e vai. Evidentemente avevano il problema delle forature. Tesi più sicure invece sul manubrio che era ricavato dalle corna di un cervo, e sui freni che erano a tallone. Ottima la fattura del sellino ricavata in unico blocco dal teschio di un cinghiale maschio.Nonostante la robustezza dei materiali utilizzati, il peso dell’insieme non risulta eccessivo. Il carabiniere che à provveduto alla rimozione del granito-zinnibirato a dichiarato di aver avuto l’impressione che il tutto pesasse quanto se non meno della mountain bike da lui acquistata ultimamente per il figlioletto. Gli esperti hanno valutato che il peso complessivo dovesse aggirarsi intorno ai 30 kg. Altri particolari emergeranno dai resti in via di catalogazione rinvenuti in un nuraghe sito nei pressi della sensazionale scoperta. Al momento l’intera area, che è piantonata giorno e notte dalle forze dell’ordine è sede di febbrili ricerche da parte degli archeologi, i quali promettono nuove ulteriori rivelazioni. .